La prossima volta che trovo una vecchietta saggia in un romanzo, lo getto giù dalla finestra. Anche la prossima volta che trovo il poliziotto bonaccione, l’affarista spregiudicato, la protagonista bella-buona-intelligente-vessata-caritatevole-amata-invidiata. E che dire del cattivo-più-cattivo?
Cos’hanno in comune tutti questi “tipi” che ho appena elencato? Esatto: sono tutti stereotipi narrativi! E sono esattamente il genere di cose che sarebbe meglio evitare. Vediamo insieme il perché.
Stereotipi narrativi, ovvero la morte della narrativa come dio comanda
La prima regola che ciascuno scrittore – o aspirante tale – dovrebbe darsi, è quella di evitare come la peste i personaggi prevedibili, cioè quei personaggi che fin dalla loro comparsa risultano perfettamente incasellabili. Sono i personaggi le cui azioni il lettore riesce a prefigurarsi in anticipo, quasi inconsciamente: perché li conosce già, semplicemente. Sono uguali a miriadi di personaggi già costruiti e già narrati. Sono, appunto, degli stereotipi.
Non ci credete? La bionda scema. L’arricchito di umili origini. Lo stronzo debosciato che seduce la giovincella di virginal candore. Il bel tenebroso dal cuore tenero. Il vecchio saggio, che se la gioca a pari merito con la vecchietta buona e saggia. L’amica dalla lingua tagliente. La brunetta invisibile e un po’ nerd che sottosotto è una femme fatale e tutti amano a sua insaputa. L’elenco è lungo…
I personaggi “tipo” sono un po’ la morte della narrativa perché tolgono tutto il gusto di immedesimarsi in personaggi complessi, che ci ricordano un po’ noi stessi. Nessuno di noi è “totalmente” una cosa sola, ciascuno ha sfumature, storie, segreti che lo rendono unico e irripetibile: perché con i nostri personaggi dovrebbe essere diverso?
Come creare personaggi che escano dagli stereotipi?
Il primo passo per creare dei personaggi complessi e articolati è… La sfumatura. Esattamente come capita in pittura, è raro che si passi dal bianco accecante all’ombra più scura: tra l’uno e l’altro ci sta uno sfumato più o meno ampio. Per i nostri personaggi vale lo stesso.
- Evitiamo i buoni “tutti buoni” o i cattivi “tutti cattivi”. Diamo ai nostri eroi qualche tratto oscuro, o almeno opaco… Quelle piccole meschinità che ci rendono tutti così simili. Diamo loro anche dei segreti, qualcosa da celare al mondo: una paura? Una vergogna? Un vizio? Il discorso vale anche per i cattivi. Durante un corso di scrittura, lavorando proprio su questo tema, un partecipante creò una scena di pazzesca bellezza: il protagonista era un palazzinaro senza scrupoli, volgare e rapace, che trattava male i collaboratori e puntava solo a fare più soldi possibile, con tutti i mezzi possibili… Ma quando nessuno lo vedeva, nel suo ufficio, si prendeva teneramente cura delle sue piantine, parlando loro con dolcezza, bagnandole con uno spruzzino e carezzando le foglie. Ecco: è esattamente questo il punto. Creare sfumature.
- Diamo una motivazione all’agire dei nostri personaggi. Da dove nasce la rabbia del nostro antagonista? Cosa lo spinge a essere tanto vendicativo? Domandiamoci sempre: “Perché si comporta così?”.
- Nessun lettore prosegue la lettura di un romanzo in cui non senta di potersi identificare, almeno in parte, con uno o più protagonisti. I personaggi stroppo stereotipati non favoriscono la partecipazione emotiva, perché risultano più macchiette che figure reali. Si possono quindi usare i tratti che rendono alcune figure riconoscibili: l’importante è non scordare però i tratti che le rendono uniche!
La complessità dei personaggi è uno dei punti su cui andiamo a lavorare insieme durante l’editing del tuo romanzo. Se vuoi scoprire di più sui miei servizi dedicati ad autori e autrici esordienti, clicca nel link sottostante 🙂