La scrittura, come ogni cosa bella, richiede fatica. Bisogna “farsi i muscoli”, allenarsi come si fa per uno sport: e se è vero che il talento innato non si può certo insegnare, è altrettanto vero che la scrittura non è fatta soltanto di fuoco sacro ma anche di perseveranza, di affinamento costante, di tecniche che aiutano ad arrivare dal punto A al punto Z e a piazzare serenamente la parola “fine” sull’ultima pagina. Ecco perché ho pensato di proporre qui una Piccola Palestra Narrativa, uno spazio tascabile di spunti ed esercizi per tenere allenati i muscoli della scrittura. Partiamo!
Mollare gli ormeggi, ovvero l’arte di lasciar andare la penna
Una delle criticità incontrata più di frequente da chi scrive (o vuole iniziare a farlo) è il cosiddetto “blocco”, cioè la difficoltà di sbloccare il flusso creativo e narrativo. Insomma ci sono le idee, c’è l’ispirazione, c’è pure la struttura ossea del romanzo o del racconto, eppure… Tabula rasa. Non si sa come iniziare.
Aggiungiamoci poi tutti i manuali che soffiano sul fuoco dell’ansia da prestazione e ricordano quanto l’incipit sia fondamentale, l’aggancio unico e irripetibile tra autore e lettore, e beh… L’effetto panico è assicurato.
Lasciando stare le questioni pratiche connesse al flusso della scrittura (tranquilli, nessuno a parte voi e vostra madre leggerà mai la primissima bozza del vostro romanzo, quindi concedetevi di non prenderla così sul serio), la prima cosa da superare è quella sensazione tremenda di impaludamento che impedisce persino di scrivere una cosa banale come, che so, “Mi chiamo Erica”. Quello che conta, nella narrativa, è iniziare a scrivere. Per cancellare, tagliare, sminuzzare, raddrizzare o allungare… Beh, c’è sempre tempo. Per rendere l’incipit un amo pazzesco, ci sarà tempo e modo. Adesso dovete solo scaldare i motori, mollare gli ormeggi e lasciare andare la penna. Vi propongo quindi un piccolo esercizio che può aiutare…
Esercizio di Piccola Palestra Narrativa
Scegliete l’incipit di un romanzo famoso. Anzi, va bene anche un romanzo non molto famoso. Semplicemente, prendete un libro a caso e leggete le prime cinque righe dell’attacco. Copiatele sul vostro documento Word o sul vostro taccuino, e poi… Beh, lasciate andare la penna. Proseguite a vostro piacimento. Dovete riempire almeno una pagina intera.
- Attenzione! L’obiettivo dell’esercizio non è scrivere una storia di senso compiuto, né costruire un romanzo sulla base di quelle poche righe. Al contrario! Non ce ne frega niente di ciò che scriverete, è un esercizio, non il libro della vostra vita. Ma è importante che scriviate.
- Partire da un incipit “già dato” permette di scrollarsi di dosso la necessità di inquadrare fin da subito il flusso narrativo in uno schema di trama e personaggi, e quindi aiuta a superare il blocco e a sgranchirvi le dita. Quello che avrete scritto lo potrete anche buttare: ma sono sicura che dopo aver fatto l’esercizio, vi sentirete ben più sciolti anche nell’approcciarvi al vostro testo.
Esempi di incipit da cui partire
“Circe” di Madeline Miller, Sonzogno, 2019 – traduzione di Marinella Magrì
Nacqui quando ancora non esisteva nome per ciò che ero. Mi chiamarono ninfa, presumendo che sarei stata come mia madre, le zie e le migliaia di cugine. Ultime fra le dee minori, i nostri poteri erano così modesti da garantirci a malapena l’immortalità…
“Nei boschi eterni” di Fred Vargas, Einaudi Editore, 2007 – traduzione di Margherita Botto
Tenendo scostata la tendina con una molletta da bucato, Lucio poteva osservare più comodamente il nuovo vicino di casa. Un tizio piccolo e bruno che tirava su un muro di blocchi di calcestruzzo senza filo a piombo, a torso nudo nel vento fresco di marzo. Dopo un’ora di appostamento, all’improvviso Lucio scosse la testa, come una lucertola che si risveglia bruscamente dalla sua siesta immobile, e si scollò dalle labbra la sigaretta spenta. “Quel tizio”, diagnosticò alla fine, “Niente sale in zucca, niente piombo in mano…”.
“Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami, Einaudi, 2017 – traduzione di Giorgio Amitrano
“E così il denaro sei riuscito a trovarlo?”, chiede il ragazzo chiamato Corvo. Il modo di parlare è il solito, un po’ strascicato. Come di uno che si è appena svegliato dopo una lunga dormita e ha i muscoli della bocca ancora intorpiditi. Ma è solo un atteggiamento: in realtà è perfettamente sveglio. Come sempre. Io annuisco. “Quanto?”….